La Mappa del Viaggio

Da una conversazione di ieri, ho scoperto che qualche esperto ha tracciato una mappa sul percorso di un paziente oncologico.

Provo a spiegarlo.

Si parte dall'Innocenza, quel momento in cui non so di avere il cancro e vado a fare un controllo di routine, o non sto bene, so che qualcosa non va, ma non so di cosa si tratta e prendo appuntamento dal medico. Il cancro, pur essendo una lontana ipotesi in un remoto angolo del mio cervello, in quel momento non è in cima ai miei pensieri. 

Finché arriva quella famigerata Chiamata, quella telefonata che nessun malato di cancro dimenticherà mai. Il telefono squilla, vedo che è il medico. Avvicino il telefono all'orecchio e dall'altra parte il medico con la sua voce calma e dolce, mi dice, "Mi spiace, è cancro". 

A quel punto il terreno da sotto i miei piedi crolla e si scatenano gli appuntamenti per tutti gli esami da fare e mi rivoltano come un calzino. Quella è l'Iniziazione. So che è cancro, quella parola diventa come una nuvoletta di Fantozzi che mi accompagna ovunque vado, anche in bagno. Ma ancora non ho completamente metabolizzato cosa sigifica veramente. E forse non ho avuto nemmeno il tempo di realizzarlo. Piango, non dormo, cammino per il mondo a mo' di zombi spinta da una forza che non so da dove arrivi. Dottori e infermieri che mi parlano, mi forniscono parole che non ho mai sentito prima in vita mia, un vocabolario completamente nuovo che da lì a poco diventerà mio. Scopro etichette che non pensavo esistessero. Per me il cancro era cancro e basta. Invece scopro stadi, scopro ricettori, scopro linfonodi, scopro ormoni. 

Mi guardo allo specchio. Guardo quel seno che spesso ha attirato lo sguardo e le mani di mio marito. Quel seno che mi è sempre piaciuto tanto, simbolo della mia femminilità. Quel seno che ha nutrito i miei figli. Quel seno ora deformato è  diventato il mio nemico.

E scendo fino ad arrivare all'Abisso. L'abisso è un luogo oscuro, buio, a volte silenzioso tanto che i miei pensieri fanno l'eco, a volte chiassoso tanto che non sento nemmeno i miei pensieri. E' un luogo spaventoso e non vedo via d'uscita. Non c'è un tempo fissato di permanenza nell'abisso. Decido io quanto starci, se e come uscirne. Ho conosciuto persone che sono lì da anni e non fanno alcuno sforzo per uscirne. Questo è il momento in cui la neurodiversità entra davvero in gioco. In italiano questa parola viene usata per definire lo spettro autistico, in inglese ha un significato più generale, e si riferisce alla modalità con cui ogni cervello umano agisce e comprende il mondo circostante. Ogni cervello è diverso, ognuno di noi è guidato da una propria neurodiversità. Così come le cure sono diverse per ogni soggetto, anche le reazioni alla stessa malattia sono differenti.

Nell'abisso ci sono rimasta circa dieci o quindici giorni. Giorni in cui ho pianto tanto, giorno e notte. Ricordo che delle volte mi svegliavo d'improvviso in lacrime e mio marito era lì, pronto a consolarmi, a confortarmi. Ma passato quel momento ho tirato su il mento (a muso duro, come diceva Bertoli) e ho detto, "Ok, ci sono dentro. Piangere non mi serve a niente. Ora datemi le armi per combattere." A quel punto non vedevo l'ora di iniziare la chemio e di prendere a calci 'sto maledetto cancro.

Sono uscita dall'abisso con l'aiuto dei miei Alleati. Chi sono i miei alleati? Innanzitutto mio marito che, appunto, notte e giorno mi confortava, e ancora lo fa e per lui ci vorrebbe un monumento. I miei due amati figli che mi supportano come meglio possono. Francesca che il giorno della chemio si assicurava che io avessi i pasti pronti e il frigo pieno e mi portava il tè caldo quando mi risvegliavo dal torpore dei farmaci. Stefano che non potendo essere con me fisicamente, mi chiamava o mi messaggiava per assicurarsi che tutto andasse bene. E potrei andare avanti ore a lodare il loro supporto. E con loro i loro partners. Le mie sorelle che ogni giorno mi mandano un messaggio per assicurarsi che io stia bene e che puntualmente leggono quello che scrivo. Anche per loro un monumento sarebbe dovuto. E poi i tanti, tantissimi amici che mi hanno fatto sentire il loro amore con piccoli grandi gesti.

Ma la mia più grande e strepitosa alleata SONO IO STESSA. Senza nulla togliere a tutti i miei alleati, vi garantisco che sono io quella che ogni mattina si impone di alzarsi dal letto e andare a nuotare. Sono io che la mattina faccio la lista dei dolori e la sera scopro che ce n'è qualcuno in più. Sono io che vivo con questa merda nelle vene e che vado in giro con questo compagno di viaggio che non mi molla un momento. Sono io che affronto le terapie di infusione ogni tre settimane e che ogni volta che sento un nuovo dolore, ho il terrore che sia una nuova metastasi. Sono io che affronto tutto questo con una forza che non pensavo di avere.

E a che punto sono arrivata nella mappa del viaggio?

Sono in quel cerchio chiamato Visione, che io chiamerei piuttosto Presa di coscienza. E' la fase in cui prendo atto che io non sono più, e non sarò mai più la stessa Renata che ero il 28 Marzo 2022. Sono una persona completamente diversa, con una forza inaspettata. Ma la trasformazione è ancora in atto perché ancora non ho deciso dove voglio arrivare. So che voglio arrivare lontano, non solo nel tempo. Sto ancora emergendo e cercando di capire la mia destinazione e le tappe intermedie da percorrere per arrivarci. E' un lavoro che devo fare e per il quale probabilmente ho bisogno d'aiuto. Non so. Se avete idee, sono aperta a proposte.

(Care sorelle, dicevate che non scrivevo più ed eccovi accontentate!!!)

Comments

  1. Non è il seno, il tuo nemico: è quel maledetto mostro che ha preso casa lì dentro, senza che nessuno gli desse il permesso.
    Tu sei una donna forte e incredibilmente tenace, con una squadra accanto strepitosa. Quanto alla destinazione e come arrivarci sto per dire una banalità: quando uno cerca di dimagrire gli viene sempre detto "datti degli obiettivi piccoli e realizzabili"; ecco, nel tuo caso direi che invece devi fare il contrario e non darti una detisnazione fissa.
    Tu devi arrivare in là nel tempo, tanto in là nel tempo; e cercare di goderti il "viaggio" al meglio, anche se non sarà facile.
    Ecco, detta questa scemata ti saluto come sempre: ti lovvo, amica mia!
    P.S. avevo notato che non avevi scritto ma pensavo fossi impegnata e avevo paura di disturbarti :)

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    1. Non hai detto una scemata, anzi: godermi il viaggio e hai perfettamente ragione. Ottimo consiglio!

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  2. No, non ho consigli. Penso tu sia la migliore consigliera, non solo di te stessa ma di tutte le persone che ci stanno passando. Sono piacevolmente stupita di questa tua forza interiore e se ti dessi un consiglio mi prenderei a sberle, non ne hai bisogno certo. Hai fatto i figli che ti meriti, sappiamo che l'amore ti ritorna indietro prima o poi, in egual misura, e tu ne hai dato tanto, evidentemente , a loro, a noi ma anche ai tuoi amici.
    Così, per dire: ma che ca@@o vuoi da noi? Consigli? Ma va a ca@@re! ;-) . Un bacione, piccola!

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  3. Ma perché secondo te noi, noi che ti osserviamo e ti ammiriamo e ti amiamo, sappiamo dove arrivare o cosa vogliamo essere? Perlopiù andiamo alla cieca, come credo sia giusto (ricordi quel bellissimo verso di De Andrè che ogni tanto ripeto? "Per la sola ragione del viaggio viaggiare"), e se ci dice bene e abbiamo un buon carattere e ci hanno insegnato ad amare la vita - in questo mamma è stata maestra - allora viaggiamo!
    Un grosso bacio

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  4. Incredibile! Leggo solo ora che la tua amica ti aveva raccomandato più o meno la stessa cosa che io dopo - e senza leggere il suo intervento - ti avevo scritto: goditi il viaggio. E non è banale: secondo me è una bellissima cosa che te l'abbiamo detto in due, e senza consultarci. Evidentemente è il tuo destino: per la sola ragione del viaggio, viaggiare.
    Bacio

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    1. Tu e Giuliana mi piacete un sacco, forse perché amo un sacco vostra sorella e non potrebbe essere altrimenti.
      Un abbraccio, Lorena

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    2. un abbraccio a te (almeno adesso so come ti chiami!). Giuliana

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    3. E hai ragione! Il nome viene con il mio blog :)

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